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I Vini Ancestrali: Precursori antichi delle bollicine del presente

30 maggio 2022

Nel corso della storia il settore enogastronomico ha spesso fatto rivivere saperi e tradizioni dimenticate. Ma ci sono comunque usi e metodologie che non passano mai di moda e rappresentano sempre un must.

Uno fra tutti: il metodo di produzione dei vini ancestrali. Il metodo ancestrale è semplicemente la maniera naturale con cui i nostri antenati facevano fermentare i vini frizzanti e gli spumanti.

Il processo di vinificazione consiste nel pigiare dolcemente le uve in modo da conservare i lieviti autoctoni presenti in buccia. Successivamente la temperatura viene gradualmente abbassata fino a bloccare il ciclo di fermentazione.

In questo modo i vini, grazie alle rimanenze di zuccheri, innescano nuovamente la fermentazione una volta all’interno della propria bottiglia. Questo metodo porta a ottenere vini con una maggiore complessità organolettica rispetto agli altri.

I forti sentori di crosta di pane, l’acidità e la sapidità marcate, sono tutte caratteristiche che arrivano direttamente dall’assenza del processo di sboccatura del prodotto.

Inoltre, la permanenza in maggiori quantità di lieviti indigeni fa sì che questi si depositino sul fondo della bottiglia, favorendo così la sua evoluzione in un prodotto adatto a esser consumato sia come aperitivo che per accompagnare il pasto. 

Non si sa con certezza chi siano stati i primi a utilizzare questa tecnica in Europa, ma tanto le regioni della Champagne in Francia che l’Emilia Romagna in Italia, si proclamano precursori della moderna tecnica ancestrale.

Sono due in particolare i prodotti che hanno potuto vivere grazie a questa tecnica una vera e propria rinascita, il Lambrusco e il Pignoletto, che grazie alla volontà e all’impegno di cantine come la “Francesco Bellei” sono potuti tornare sul mercato con prodotti rinnovati e più interessanti.

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