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Vini spumanti: protagonisti delle tavole delle feste

23 dicembre 2020

La storia della nascita dei vini spumanti è circondata dal mistero. La leggenda racconta come padre dei vini spumanti francesi, il monaco benedettino Dom Pierre Perignon, altre vedono protagonisti gli inglesi, da sempre appassionati dei vini di Francia. I vini che arrivavano a Londra per importazione erano solitamente insipidi e con una bassa gradazione alcolica, così si diffuse l’uso di addizionarli di zucchero. Questo procedimento, oltre ad aumentare il grado alcolico e migliorare il gusto, a volte donava frizzantezza ai vini, perché il caldo della stagione primaverile spesso faceva ripartire la fermentazione e le bollicine che si sprigionavano, un po' per caso, solleticavano piacevolmente il palato. Il successo di questa tecnica, che dava vita a vini spumeggianti e molto gradevoli, arrivò ben presto in Francia… il resto è storia. 

Prima di addentrarci nel magico mondo delle bollicine dobbiamo necessariamente fare una precisazione tecnica: a livello legislativo, infatti, si possono definire spumanti solamente quei vini che presentano una pressione (all’interno della bottiglia) superiore ai 3 bar e un titolo alcolometrico di almeno 8,5% vol. Tra i vini spumanti troviamo diversi nomi, terminologie e categorie: Champagne, Franciacorta, Trento Doc, Asti DOCG e Prosecco. In generale gli spumanti hanno la caratteristica di subire una seconda fermentazione. Il contenitore in cui avviene questa fermentazione definisce metodi diversi, in particolare i metodi più importanti usati nella spumantizzazione sono due: il metodo Classico o Champenois e il Metodo Charmat o Martinotti. 

Il metodo storico più conosciuto per la produzione degli spumanti è il Metodo Classico o Champenois. Come fa intendere il nome è il metodo utilizzato per la produzione dello Champagne, lo stesso usato anche per i Franciacorta e i Trento DOC. Il vino base, prodotto a seguito della prima fermentazione, viene imbottigliato con l’aggiunta di una particolare miscela composta da un po' di vino, zucchero e lieviti, chiamata liqueur de tirage. La bottiglia viene successivamente chiusa con un tappo a corona e fatta riposare orizzontalmente. In questa fase di riposo avviene il processo definito presa di spuma: i lieviti inseriti con il liqueur de tirage consumano gli zuccheri, inducendo una seconda fermentazione e producendo molta anidride carbonica, ovvero il perlage che poi troveremo nel bicchiere. Le bottiglie, dopo questa fase di riposo, vengono disposte su cavalletti di legno, chiamati pupitre. Qui avviene il processo definito di remuage che, attraverso la rotazione manuale delle bottiglie, permette di spostare i sedimenti dei lieviti, formati durante la presa di spuma, verso il collo della bottiglia; successivamente verranno eliminati con la sboccatura. Una volta eliminati i sedimenti, la bottiglia viene richiusa con il tappo di sughero dalla tipica forma a fungo e vestita con gabbietta e etichette. 

Il secondo metodo altrettanto diffuso è il Metodo Martinotti o Charmat, usato per la produzione del Prosecco e per l’Asti DOCG. Anche in questo caso il vino deve subire una prima fermentazione e anche ad esso verrà aggiunto il liqueur de tirage, ma in questo caso la presa di spuma avverrà in contenitori molto più grandi. Il vino base è travasato in grandi contenitori chiamati autoclave, si aggiunge la miscela di zucchero e lieviti e infine si lascia riposare per il processo di presa di spuma. Dopo il periodo di riposo in autoclave lo spumante è pronto per essere imbottigliato e, adeguatamente vestito, potrà essere messo in commercio. 

Che si tratti di Franciacorta, Trento Doc, Asti DOCG, Champagne o Prosecco, le bollicine allietano i momenti più belli. Celebrati nei miti, nell’arte e nella poesia, da sempre sono protagonisti delle tavole delle feste!

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