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Viticoltura eroica, per vini da eroi

19 novembre 2020

Parlare di viticultura porta spesso con sé immagini bucoliche di filari di vite, di succosi grappoli e di luce calda del sole che filtra tra le foglie, l’immaginario che si crea attorno al mondo del vino è sicuramente molto poetico, ma ci sono zone in Italia e all’estero in cui le operazioni di cura, produzione e vendemmia sono rese complicate dalla pendenza dei suoli o dalla mancanza di collegamenti per poterle raggiungere, stiamo parlando di quella viticultura che viene definita Eroica

Il termine viticultura eroica fa ferimento ad una viticultura che si sviluppa in territori impervi, i vigneti sono localizzati in zone di difficile gestione, molto spesso faticosi da raggiungere o aree soggette a rischio idrogeologico. 

Il Cervim - Centro di Ricerca per la Viticoltura Montana – è l’ente che si occupa della salvaguardia e della valorizzazione di questo segmento vitivinicolo, un’attività importante che quest’anno ha raggiunto un grande traguardo, ovvero la firma del Decreto attuativo dedicato alla viticultura eroica, da parte dalla Ministro alle Politiche agricole e i Ministri dei beni culturali e dell’ambiente. Tra i compiti del Cervim vi è anche la designazione dei criteri necessari per rientrare nella definizione di viticoltura eroica; per ottenere la denominazione è necessario che uno solo dei punti sottoelencati sia verificato. Parliamo quindi di viticultura eroica quando:

  • La pendenza del terreno superiore al 30%
  • Le vigne sono situate ad un’altitudine superiore a 500 metri sopra il livello del mare  
  • La viticultura si sviluppa su terrazze e gradoni  
  • I vigneti sono posizionati su piccole isole 

Il territorio italiano grazie alla sua conformazione naturale dà vita a numerosi esempi di viticultura eroica in particolare in Liguria, Valle D’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Abruzzo, Campania, Calabria e Sicilia. 

Le forti pendenze di Liguria, Valle d’Aosta e Valtellina costringono i vignaioli ad arrampicarsi su pendii scoscesi in cui la vite cresce ordinata su gradoni e terrazze sorretti da muretti a secco, in questi luoghi in cui tecnologia e meccanizzazione non riescono ad arrivare, solo le tecniche tradizionali e il “saper fare” custodito dai più anziani permette di prendersi cura delle viti. A Pantelleria le viti dello Zibibbo vengono coltivate ad alberello e tenute basse per proteggerle dai venti, questo tipo di coltivazione costringe i vignaioli a lavorare in ginocchio sulle piccole piante.Nelle isole dell’arcipelago toscano le viti si affacciano a picco sul mare saldamente aggrappate alla roccia, condizione che rende la manualità dei viticoltori l’unico strumento efficace, data l’impossibilità di meccanizzazione dei processi produttivi. In Campania le viti dell’asprino crescono maritate ai pioppi raggiungendo i 15 metri d’altezza costruendo le così dette “alberate aversane”, scenografie singolari in cui è possibile osservare abili viticoltori scalare sottili scale a pioli carichi dei loro cesti per la vendemmia dell’uva. 

Queste realtà sono piccole meraviglie dichiarate patrimonio dell’Unesco custodi di tradizione e di vitigni autoctoni, emblema di tenacia, perseveranza e amore dell’uomo per la terra. Si tratta di luoghi in cui l’attività dell’uomo è estremamente importante al fine di conservare l’ambiente, la biodiversità, i territori dall’importante valore storico e anche turistico per l’unicità dei paesaggi e il patrimonio di una cultura secolare. 

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